Chiesa di San Giuseppe

Facciata

L’edificio di culto si caratterizza per la sua scarna semplicità sottolineata da una geometria essenziale anche nella facciata dove quattro lesene inquadrano il portale, sormontato da una nicchia in cui trova posto un dipinto che raffigura San Giuseppe recante in braccio il Bambino. L’interno, a navata unica, conserva un organo del XIX secolo e un altare in marmo policromo, entrambi di pregevole fattura. Il complesso architettonico, circondato dalle abitazioni del piccolo centro, ci si presenta come parte di un tutto armonicamente concepito in cui la chiesa stessa è elemento essenziale della vita civile. Anche in questo, la scelta di un’architettura essenziale, lo colloca a diretto contatto della quotidianità dell’esistenza a motivo di una scelta poetica secondo la quale San Giuseppe, lavoratore per nascita, pur sublimato nella sua funzione di padre del Cristo, rimane una figura umile e intimamente calata nella realtà che lo circonda. Tutto questo conferisce al complesso un tocco di familiarità che crea quel senso di reciproca appartenenza del santo al polo e del popolo al Santo. Le botteghe artigiane, che un tempo si aprivano a diretto contatto con la struttura dell’edificio sacro, costituivano una sorta di corollario e di completamento del culto del Santo:Il Santo del lavoro e della semplicità della vita.

Interni

Il legno di castagno la fa da padrone nella realizzazione degli arredi dell’intero edificio di culto, dagli scanni al pergamo, al coro, tutto eseguito con lo stesso materiale, non esclusa la cassa armonica dell’organo a canne che domina dall’alto l’intera navata e si impone per la sua raffinata eleganza, fatta di semplicità, di linearità di forme e di funzionalità nella destinazione d’uso. E‘ questo un ulteriore elemento che conferisce all’intero complesso architettonico quel senso di familiare, di domestico, di quotidiano che in un centro prevalentemente agricolo ed artigiano in passato costituiva un segno tipico e distintivo.Il castagno, in una civiltà contadina, ha fornito sempre la materia prima per le più svariate costruzioni, dalla culla, agli infissi delle case, al mobilio, alle travi, alle tavole di calpestio dei pavimenti, alla madia per impastarvi il pane, alla bara per l’ultimo viaggio.Di castagno erano le doghe delle botti, i grandi secchi per la lavorazione delle uve appena raccolte, il tino per la fermentazione delle vinacce, il tiniello per filtrare il fiano.Tra le opere d’arte, presenti nell’edificio di culto, va ricordato il presepe: ben 72 Statuine che rappresentano le figure classiche: sacra famiglia, pastori, animali legati alla vicenda del Redentore, con una novità che in una certa misura anticipa un comportamento, diventato una moda del presepe napoletano dei giorni nostri: la presenza di un personaggio contemporaneo.La statuine, fruibili oggi nella loro originaria bellezza, per effetto del restauro, appena completato, eseguito grazie all’iniziativa e alla munificenza della fondazione Ottavio Clemente, testimoniano le tendenze iconografiche tipiche della scultura del XIX secolo: tratti realistici delle scene, costumi, ambientazione. Per quanto riguarda la datazione del manufatto, pur non essendoci testimonianze dirette, ci aiuta una nota relativa ai pastori della chiesa del Carmine, apparsa su La Sentinella Irpina (Gazzetta del principato ultra) del 1895, dove si dice che il presepe, commissionato dalla confraternita alla fine dell‘800 è stato realizzato in conformità di quanto già fatto dalla confraternita di San Giuseppe, di qui l’ovvia conclusione che il presepe in questione si colloca cronologicamente nella seconda metà del XIX secolo.

Il Presepe

Tratto da Gocce d'arte e di storia di Claudia Areniello
pubblicato da Fondazione Ottavio Clemente

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